Giovanni da Spilimbergo

La data di nascita di Giovanni da Spilimbergo va presumibilmente collocata intorno al 1380: infatti nel 1398 ha raggiunto la maggiore età, essendogli accordato uno stipendio di coadiutore in una scuola. È possibile che abbia studiato negli anni della giovinezza a Udine con il grande umanista Giovanni Conversini da Ravenna, il quale vi detiene una cattedra fino al 1392, anno in cui si trasferisce a Padova. È probabile che lì, come di consuetudine, Giovanni abbia completato i suoi studi notarili. Si dedica lungamente all’insegnamento: tra il 1398 e il 1454 a varie riprese tiene la cattedra di Belluno, Cividale, Udine e forse anche Venezia, quantunque non ci siano fonti certe in merito. Fra i suoi allievi c'è Guarnerio d’Artegna, con il quale rimane in contatto per tutta la vita.
Nell’aprile del 1428 si unisce in matrimonio a Bartolomea, figlia del veronese Costantino Giuseppi, da poco trasferitosi a Udine con la famiglia.
Sappiamo che prima del 19 agosto 1430 accetta la nomina di rector scholarum di Cividale. Si dà per certo che abbia avuto almeno due figli: ben noto è solo Marco, primogenito, copista, tra il 1448 e il 1452, di tre codici guarneriani; l’esistenza di altri figli è assicurata dal fatto che Giovanni nel 1452 scrive, rivolgendosi a Francesco Barbaro, «pro liberorum meorum numero valde necessarius» (richiede cioè l’aiuto del patrono veneziano, perché non gli venga alienato un piccolo fondo a Magagna).
Ormai vedovo da sei anni, angustiato dalla penuria dei mezzi, quasi al limite dell’indigenza, e angustiato anche da motivi di salute, lascia la cattedra nel 1454. Muore il 6 febbraio 1455.
La produzione letteraria di Giovanni da Spilimbergo, che sembra coprire un arco di tempo compreso fra il 1418 e il 1452, è per lo più inedita e tramandata da manoscritti guarneriani: essa annovera tre operette, in uno stadio ancora di abbozzo e di carattere didattico; tre prolusioni ad altrettanti cicli di lezione; trentacinque epistole (comprese due su commissione: una in vece del tutore Franceschino Panciera e l’altra gratulatoria a nome della comunità di Udine per l’elezione di Ludovico della Torre a gran maestro dell’ordine dei cavalieri di Malta) e cinque orazioni. Al suo laborioso magistero, riconducono il De orthographia; gli Exordia (con note su preposizioni e formule retoriche); il commento adespoto (ma a lui sicuramente attribuibile) a sette delle otto commedie antiche di Plauto; brevi introduzioni a corsi su Sallustio, sulla Pro Milone ciceroniana e sulla retorica.
Il suo carteggio, databile tra il 1418 e il 1452, che nel solo 1432 conta ben nove epistole, documenta quanto la vita culturale del Friuli dell’inizio del Quattrocento si fosse imperniata attorno a questo maestro, destinatario privilegiato di giovani allievi, letterati di grande fama e di politici veneziani. È chiaro dunque che all’origine c’era una corrispondenza ben più fitta di quella oggi pervenuta; questo fatto lascia intravvedere un sottile filo conduttore che corre parallelo alla vicenda umana: il desiderio, quasi un bisogno incalzante, di contatti con personalità di elevato profilo. Le prime due epistole a Paolo Dal Molin, databili tra il 1418 e il 1421 (con accenno alla recente scomparsa di Francesco Zabarella e al magistero padovano di Gasparino Barzizza), e a Bartolomeo Zabarella, tra il 1421 e il 1424, rinviano chiaramente alla cerchia di intellettuali veneti. Un manipolo di lettere, di cui restano solo otto, accerta l’amicizia con Guarino, al quale Giovanni si rivolge col pretesto dell’acquisita parentela nel 1428. Lo scambio, connotato all’inizio dal tono rispettoso e adulatorio, come d’uso, e segnato dalla difficoltà di rapporti di Giovanni con Costantino Giuseppi, suo suocero, viene rinvigorito dall’interesse per la didattica. L’insistente richiesta da parte di Giovanni di appunti sul commento guariniano alle commedie “antiche” di Plauto e di suggerimenti per l’interpretazione di opere ciceroniane è segno di una posizione culturale un po’ arretrata, che Guarino tende a liquidare, invitandolo a rivolgersi al comune discepolo Giovanni da Lodi: «Sunt enim nonnulli, qui me iamdiu non tam adhortentur, quam paene urgeant, ut octo illas Plauti comaedias legerem, quibus publice exponendis tu apud nostros primus et cum laude auctor extitisti […]. Praeterea, si apud te aliquid in Epistolas Ciceronis aut in libros de Tusculanis quaestionibus esset presidii […]».
Gran parte delle epistole risalenti al 1432 indirizzate a Giovanni, che in quel momento vive a Cividale, dove tiene cattedra dal 1430, sono di Sebastiano Borsa, segretario di Leonardo Giustinian, luogotenente in terraferma per quell’anno, e di Bernardo Giustinian. Le lettere del Borsa attestano che le traduzione delle Vite di Plutarco è stata data in prestito: «Vitas e Plutarcho traductas ad te remitto, quas liberalitate tua mihi misisti. Eo quidem pacto accipies, ut extemplo volumen aliud ad me perferendum cures et cum eo Vitam Phocionis, quam a te peto nomine praesidis, si forte e volumine ipso divisam habes». Il suocero, Costantino, è eletto tramite dello scambio di fascicoli, poiché spesso compie il tragitto tra le due località, per visitare la figlia. Lo stesso Bernardo Giustinian, citando le Vite di Plutarco, sollecita la restituzione delle traduzioni fatte da suo padre Leonardo: «Unum a te peto et quod nostra fretus benivolentia ut volumen Vitarum e graeco traductarum illud, scilicet Cimonis et Luculli Vitae, ad me confestim mittas, si tamen illud tibi pauculo tempore opus non fuerit».
Ringrazia quindi Giovanni, per il discorso tenuto in occasione del conferimento della carica di luogotenente a Leonardo Giustinian: «Laudes vero suas [sc. Leonardi], quas ita ampla oratione complexus es, etsi iure nullo modo sibi attribuendas censet, facile tamen prospectum habet animum tuum erga se, qui tanta de eo ex abundanti amore praedicaris». Alcuni opuscoli sono indirizzati a Giovanni, con l’accompagnamento di due lettere: una da parte di Pietro Del Monte, suo allievo a Venezia, un’altra da parte di Poggio Bracciolini.
L’amicizia con quest’ultimo, documentata da tre epistole, risale al 31 dicembre 1437, quando Giovanni esprime la propria gratitudine per le Invectivae in Vallam. Il 2 maggio 1438, Poggio, infatti, invia in Friuli, da Ferrara, dove si è temporaneamente trasferita la sede del concilio, due epistole: la prima diretta a Guarnerio, la seconda a Giovanni, come accompagnamento di una copia della Controversia su Cesare e Scipione. Lo scambio è concluso da uno stringato biglietto, inviato da Firenze il 6 maggio 1439, per mezzo del quale Poggio ringrazia il maestro friulano di un piccolo dono. Altre due lettere, entrambe datate 4 febbraio 1440, sono indirizzate a due giovani friulani collaboratori di Poggio: Giacomo da Udine e Tommaso Della Torre; vi si ribadisce l’ammirazione per il di loro celebre maestro.
Tra il 1448 e il 1452 si collocano, infine, tre epistole che, oltre a caratterizzare il rapporto tra Giovanni e Francesco Barbaro, attestano l’abilità oratoria e il prestigio acquisito da Giovanni; vi si uniscono le richieste personali di consiglio e di aiuto.
Di Giovanni ci sono rimaste cinque orazioni, quattro delle quali sono databili con sicurezza grazie a riferimenti ad eventi storici al 1421, 1429, 1439 e 1442.

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