Finissage della mostra fotografica "Oltre la faccia, il volto" di Piero Colle

Letture e commento antiaccademico e contemporaneo di Dante e Shakespeare.
data:13 ottobre 2019
luogo:Museo del Territorio
orario:ore 16.30
Personale fotografica, promossa dal Comune di San Daniele con l'Associazione Vivi il Museo, di PIERO COLLE, avvocato del Foro di Udine, scrittore e fotografo, nelle sale del Museo del Territorio.

Finissage domenica 13 ottobre 

Pietro Colle, autore della mostra fotografica, celebra il termine dell'esposizione con una performance dal vivo: "Autopsia del verbo. Da Dante a Shakespeare nel labirinto della relazione".

Per Informazioni: Associazione “VIVI IL MUSEO” - sig. Euro Diracca +39 348 0043177


Della ricerca fotografica condotta da Piero Colle sul volto umano, Gianni Tagliapietra, psicanalista e filosofo, così scrive:
"Nell’epoca della faccia (face-book) e dei selfie, l’arte di Piero Colle si misura con il volto.
Sono le cose ad avere delle facce, dei lati: le cose non hanno volto. Le cose vengono percepite, il volto non è percepibile, o meglio, non è visibile.
Volti di amici, nella quasi totalità. Gli amici sarebbero quelli che si “conoscono”? Cos’è un volto?
Non una parte del corpo umano: il volto non si riduce a un insieme di tratti somatici o fisionomici. Quando si dice volto non si pensa nè a una bocca, nè a un naso, nè al gioco delle sopracciglia, delle labbra o dei muscoli facciali.
Il volto è l’Altro. Certo, è l’altro uomo, ma non è alter-ego: non è mio simile, è portatore di una trascendenza, è tutt’altro, altri (alla terza persona). L’Altro s’incontra nel volto. Come alterità assoluta, irriducibile: enigma. Il volto non parla: nessuna fisiognomica. Il volto dice, anzi è già il dire. La faccia parla: è ciarliera, come le merci. E non dice nulla (si vedano i “profili” sui social network). Il volto è traccia, apparizione di una vicinanza, per quanto possa essere lontana. E aura, “l’apparizione unica di una lontananza, per quanto possa esserre vicina” (W. Benjamin). Si pensi all’aureola, indice, nella tradizione iconografica, della lontananza vicina, del terreno-celeste, dei volti sacri. Ciò che è davvero difficile nella rappresentazione del volto è l’aura, quel non-so-che che attrae e tiene a distanza: il compito dell’artista è farsi custode dell’aura. Pena la liquefazione dell’immagine, il suo annegarsi nella banalità delle riproduzioni oggi dilagante. L’aura è in relazione al fattore spazio-temporale (l’hic et nunc), come anche all’effetto di lontananza, di distacco, di avvicinabilità allo spettatore: qualcosa dell’ordine cultuale, non dell’ordine espositivo, secolarizzato, ordine delle merci: le masse hanno l’esigenza vivissima di avere le cose vicine e la tendenza a superare l’unicità di qualunque dato mediante riproducibilità.
Artista è chi riesce a mantenere l’immagine nel suo orizzonte cultuale, chi mantiene la traccia e salva l’aura.
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