Personale fotografica, promossa dal Comune di San Daniele con l'Associazione Vivi il Museo, di PIERO COLLE, avvocato del Foro di Udine, scrittore e fotografo, nelle sale del Museo del Territorio.
Finissage domenica 13 ottobre
Pietro Colle, autore della mostra fotografica, celebra il termine dell'esposizione con una performance dal vivo: "Autopsia del verbo. Da Dante a Shakespeare nel labirinto della relazione".
Per Informazioni: Associazione “VIVI IL MUSEO” - sig. Euro Diracca +39 348 0043177
Della ricerca fotografica condotta da Piero Colle sul volto umano, Gianni Tagliapietra, psicanalista e filosofo, così scrive:
"Nell’epoca della faccia (face-book) e dei selfie,
l’arte di Piero Colle si misura con il volto.
Sono le cose ad avere delle facce, dei lati: le cose
non hanno volto. Le cose vengono percepite,
il volto non è percepibile, o meglio, non è visibile.
Volti di amici, nella quasi totalità. Gli amici
sarebbero quelli che si “conoscono”? Cos’è un
volto?
Non una parte del corpo umano: il volto
non si riduce a un insieme di tratti somatici o
fisionomici. Quando si dice volto non si pensa
nè a una bocca, nè a un naso, nè al gioco delle
sopracciglia, delle labbra o dei muscoli facciali.
Il volto è l’Altro. Certo, è l’altro uomo, ma non è
alter-ego: non è mio simile, è portatore di una
trascendenza, è tutt’altro, altri (alla terza persona).
L’Altro s’incontra nel volto. Come alterità assoluta,
irriducibile: enigma.
Il volto non parla: nessuna fisiognomica.
Il volto dice, anzi è già il dire. La faccia parla:
è ciarliera, come le merci. E non dice nulla (si
vedano i “profili” sui social network).
Il volto è traccia, apparizione di una vicinanza, per
quanto possa essere lontana. E aura, “l’apparizione
unica di una lontananza, per quanto possa esserre
vicina” (W. Benjamin). Si pensi all’aureola, indice,
nella tradizione iconografica, della lontananza
vicina, del terreno-celeste, dei volti sacri.
Ciò che è davvero difficile nella rappresentazione
del volto è l’aura, quel non-so-che che attrae
e tiene a distanza: il compito dell’artista è
farsi custode dell’aura. Pena la liquefazione
dell’immagine, il suo annegarsi nella banalità
delle riproduzioni oggi dilagante. L’aura è in
relazione al fattore spazio-temporale (l’hic et
nunc), come anche all’effetto di lontananza, di
distacco, di avvicinabilità allo spettatore: qualcosa
dell’ordine cultuale, non dell’ordine espositivo,
secolarizzato, ordine delle merci: le masse hanno
l’esigenza vivissima di avere le cose vicine e la
tendenza a superare l’unicità di qualunque dato
mediante riproducibilità.
Artista è chi riesce a
mantenere l’immagine nel suo orizzonte cultuale,
chi mantiene la traccia e salva l’aura."